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Trama
Brick Callan è un uomo leale, generoso e protettivo. In particolare nei confronti dell’unica donna che non può avere: Remi Ford. La loro storia è un intreccio di litigi, amicizia, non detti e un’attrazione che sfida la sua volontà di ferro. Quando Remi, artista dallo spirito libero, torna dopo una lunga assenza a Mackinac Island in pieno inverno e con un segreto da nascondere, Brick decide di provare a scoprire di cosa si tratta. Anche se ciò significa abbattere le barriere che nel corso degli anni ha eretto tra loro. Anche se significa rischiare di perdere la testa per l’unica donna che è certo di non riuscire a dimenticare. Remi, dal canto suo, diffida dell’uomo che le ha spezzato il cuore da adolescente. Eppure, suo malgrado, si lascia affascinare da lui e dalla sua presenza rassicurante. Tuttavia, il suo segreto cela un grande pericolo e potrebbe mettere a rischio molto più dei loro cuori...
ESTRATTO
Brick Callan non immaginava di essere a una corsia di negozio di alimentari di distanza dal suo peggiore incubo. Se si fosse preso il disturbo di ergersi in tutto il suo metro e novantacinque e di guardare al di sopra dei cibi in scatola, avrebbe intravisto quel lampo di rosso rivelatore. Il colore degli incendi boschivi e delle tentazioni dell’inferno. Al contrario, soppesava l’alternativa tra pomodori a cubetti con o senza peperoni verdi, mentre il negoziante, Bill House, si lamentava con lui. «Credimi, Brick. Il giovane Rathbun ha passato metà pomeriggio a sfrecciare come un pazzo sulla sua motoslitta lungo Market Street», sibilò Bill, incrociando le braccia ossute sul petto. Brick infilò i pomodori con peperoni nel carrello accanto a un sacchetto di cipolle dorate, due cartoni di brodo di manzo e una confezione di batterie. «Quel ragazzino ieri ha spaventato a morte i cavalli durante le consegne», proseguì l’altro. «Inoltre, la scorsa settimana è arrivato a tanto così dal rigare il nuovo Arctic Cat di Mulvaney. Sai che poi lui non l’avrebbe più finita di lamentarsi». Brick trattenne a fatica un sospiro. Solo per una volta, sarebbe stato bello fare la spesa senza tutte quelle vuote chiacchiere. «Gli parlerò io», promise. Guarda caso, sapeva una o due cosette sulle scemenze che i ragazzi usavano per fare colpo sulle adolescenti. Bill buttò fuori un sospiro e si sistemò il berretto da sci del Doud’s Market, che usava per tenere al caldo la sua testa pelata da novembre fino ad aprile. «Lo apprezzo molto, Brick». Nella comunità della loro piccola isola c’era un equilibrio delicato, e il compito di Brick era quello di aiutare a preservare quell’equilibrio anche nel bel mezzo dell’inverno del Michigan, quando solo i più strenui residenti restavano a Mackinac. Era lo stesso motivo per cui aveva promesso alla signora Sopp di cambiare le batterie del rilevatore di fumo nella casa che aveva dato in affitto, quando lo aveva chiamato dalla buca nove di un campo da golf in Florida. La porta di Doud’s si aprì con il tintinnio di un campanello. Mira Rathbun – madre del suddetto “giovane Rathbun” – entrò nel piccolo alimentari accompagnata dal raggelante vento lacustre. Bill si ammutolì all’istante, quasi come se avesse ingoiato la lingua. Per quell’uomo non era un problema spettegolare con gli agenti fuori servizio sui propri vicini, ma si sentiva molto più a suo agio nel farlo alle loro spalle. «Chiudi quella dannata porta!». L’ordine sopraggiunse dal cassiere e dai due clienti più vicini all’ingresso. Quando l’ultimo traghetto pieno di turisti aveva lasciato l’isola di Mackinac, in ottobre, aveva portato con sé anche l’educata cortesia indispensabile per un luogo di villeggiatura estivo. I circa cinquecento abitanti che restavano in città per tutto l’anno si preparavano con un’affascinante scontrosità all’ennesima glaciale bassa stagione in mezzo al lago Huron. «Sì, sì. Scusate», disse Mira, scrollandosi con impazienza uno strato di brina dalla tuta da sci arancione brillante. Quella donna era un uragano che viaggiava a un chilometro al minuto, cosa che stressava parecchio Brick. Era una sfortuna per la comunità che fosse stata lei a insegnare a Travis a guidare la sua motoslitta di terza mano. Per Brick, quello era il quattordicesimo inverno sull’isola. Bramava in modo perverso le temperature rigide e la chiusura stagionale della maggior parte delle attività. L’inverno era tranquillo. Sottotono. Prevedibile. Bill sbirciò nel carrello di Brick, e le sue sopracciglia scomparvero sotto l’orlo del berretto. «Ancora stufato di manzo? Non conosci altre ricette? Scommetto che sull’isola ci sono una o due signorine nubili a cui non dispiacerebbe cucinarti una bella pasta». «Mi piace lo stufato di manzo». Allo stesso modo, gli piaceva non essere costretto a socializzare mentre lo mangiava. Brick preparava una teglia di stufato di manzo ogni settimana e lo consumava per quattro o cinque giorni di fila, perché era semplice e familiare. In quanto all’aspetto sociale, si era guadagnato quegli inverni solitari e non aveva intenzione di mettere un secondo coperto a tavola. «Avete sentito la novità?», chiese Mira, irrompendo e intromettendosi a forza nella conversazione. Brick era scettico. A Mackinac in inverno non c’erano novità. Il che voleva dire che si trattava di un pettegolezzo. Cosa che lui preferiva evitare, a prescindere dal fatto che, a causa di entrambi i suoi lavori, ne fosse costantemente il destinatario. «Ha a che vedere con quell’aereo che è arrivato ieri a tarda notte?», chiese Bill, dimenticandosi per un momento del problema che aveva con l’acceleratore a mano del figlio di Mira. Gli occhi della donna brillavano per quella rara perla di novità nel bel mezzo di una stagione in cui ogni giorno somigliava tremendamente a quello precedente. Brick avvertì l’improvviso desiderio di uscire al freddo ed evitare qualunque bomba Mira stesse per sganciare. L’istinto gli diceva che stava per succedere qualcosa di brutto, e aveva lasciato la pistola a casa. «Ora, che resti tra noi, perché si vocifera che la sua famiglia ancora non lo sappia», disse, chinandosi in avanti e abbassando la voce a un sussurro. Brick aveva davvero una brutta sensazione. «La famiglia di chi?», chiese Bill, con espressione smarrita. «Non ti seguo». «Sto temporeggiando per creare effetto. Gesù. Questa è la conversazione più lunga che abbia avuto in tre mesi con qualcuno che non ho sposato né partorito. Lasciamela godere», insistette. Brick spostò il carrello in avanti, sperando di sfuggire alla notizia. Ma Mira lo afferrò con forza, bloccando i suoi progressi. «Remi Ford!», annunciò. Le nocche con cui stringeva il carrello divennero bianche. Remington Honeysuckle Ford. Per la sua famiglia, Remi Honey. Per lui, una fonte di guai. Dannazione. «Be’, che mi venisse un colpo», cinguettò Bill. «E cosa ci fa qui nel bel mezzo dell’inverno, senza aver detto niente ai suoi?». Le loro voci sussurrate si fusero sotto il costante brusio che Brick sentiva nelle orecchie. Fece del suo meglio per mantenere il volto inespressivo, mentre dentro di sé esplodeva. L’uscita era solo a sei metri di distanza, ma aveva i piedi piantati nel pavimento e le ginocchia bloccate. Fissò la bocca di Mira da sopra l’assordante martellio del suo cuore, mentre la donna spettegolava a tutto spiano. Lei non poteva essere lì. Non senza avere avvertito. Gli ci volevano delle settimane per essere psicologicamente pronto, per prepararsi a ritrovarsi costretto a scambiare dei saluti disinvolti al tavolo della cena. «Psss!». Il cassiere, nipote di Bill, agitò le braccia in aria da dietro il registratore di cassa e, senza dire una parola, indicò la corsia accanto alla loro. Brick sentì lo stomaco sprofondargli negli stivali. No. Decisamente non stava succedendo. Mira e Bill fecero un folle scatto verso la corsia dei cereali. Lui partì alla carica in direzione opposta, verso la cassa, decidendo che quello era il momento adatto per darsi alla fuga prima che… Il suo carrello si scontrò con un altro appena spuntato da dietro l’angolo. Lo slancio fece volare entrambi verso una torre di scatole di farina d’avena, facendole rovesciare. Cazzo. Lo capì prima ancora di alzare lo sguardo da quel massacro di mandorle alla vaniglia e bacon allo sciroppo d’acero sul pavimento. Ed eccola lì. In tutto il suo metro e sessanta da folletto dispettoso. Teneva i capelli rossi legati in una lunga e morbida treccia sopra una spalla della giacca a vento magenta. Da sotto il berretto di lana giallo che si era premuta in testa spuntavano degli auricolari. Gli occhi erano del colore degli antichi bicchieri in vetro verde che un tempo sua nonna collezionava. La bocca era carnosa e larga, e quando rivolgeva quel sorriso a un uomo, questi non poteva fare a meno di sentirsi un tantino frastornato… almeno finché non imparava a conoscerla. La spolverata di lentiggini su naso e guance risaltava sulla pelle color avorio. Sembrava diversa. Pallida, stanca, quasi fragile. L’energia che di solito crepitava in lei, abbattendosi quasi sotto forma di scintille sulle sue ignare vittime, era solo un basso ronzio. Dato che aveva trascorso metà della propria vita a catalogare tutto ciò che c’era da sapere su Remi, Brick capì che qualcosa non andava. I loro sguardi si incontrarono per un lungo istante. Brick non riusciva a decidere se dovesse salutarla o se potesse scamparsela e correre a mettersi in salvo. Prima che potesse scegliere, lei abbandonò il suo carrello e avanzò dritta verso di lui. L’istinto lo portò a stringerla tra le sue braccia, anche se era l’ultima cosa al mondo che avrebbe voluto fare. Lei gli infilò le mani sotto la giacca e si accoccolò contro di lui. Il suo profumo lo metteva ancora in agitazione. Gli ricordava sempre quello di un prato… appena dopo essere stato colpito da un fulmine. Senza pensarci, le posò il mento sopra la testa, sfregando la barba contro la morbida lana del cappello. Qualcosa gli affondò nel fianco, ma prima che potesse capire cosa fosse, lei lo distrasse buttando fuori un lungo e lento respiro, e lasciando andare un po’ della sua tensione. Quella non era la Remi che conosceva. Quella ragazza l’avrebbe punzecchiato con un sonoro bacio con lo schiocco sulle labbra solo per farlo incazzare, prima di vorticare di nuovo via per creare scompiglio. La allontanò da sé, stringendola per gli avambracci. «Che succede?», chiese, tenendo la voce bassa. «Guarda un po’ chi c’è, la piccola Remi Ford!», sentenziò Bill raggiungendoli, con Mira alle calcagna. «Che cosa ci fai a casa a febbraio?», domandò quest’ultima. Remi scivolò via dalla sua presa e si tolse gli auricolari dalle orecchie. Il sorriso che rivolse loro non vantava la sua solita luminosità, ma lui fu il solo ad accorgersene. «Che posso dire? Mi mancavano gli inverni qui», rispose in tono allegro. Persino dopo tutto quel tempo, quella voce roca era così familiare da fare quasi male. Bill ululò. «Ecco, questa è una sporca bugia!». Mira corse in avanti per dare un abbraccio alla figliola prodiga. «Fai una sorpresa ai tuoi genitori?», chiese. «So che hanno sentito la tua mancanza quest’anno a Natale». Remi evitò di guardare direttamente verso Brick quando rispose. «Mi dispiaceva essermi persa le festività con loro e ho pensato di rimediare adesso con una bella visita lunga». Stava mentendo. Ne era certo. Qualunque cosa le avesse causato quelle ombre sotto gli occhi, non era il senso di colpa per una festività saltata. «Sei proprio una brava figlia. Com’è vivere in una grande città?», insistette Mira. Quella donna l’avrebbe prosciugata di ogni dettaglio, se lei gliel’avesse lasciato fare. Dopodiché l’avrebbe servito agli altri isolani durante i raduni fuori da scuola per prendere i figli e i ritiri di ordini da asporto. «È… bello», disse Remi. Di fronte alla sua esitazione, Brick assottigliò lo sguardo. «Svelta! Di che colore è la mia aura?», domandò Bill. Le guance di Remi ripresero colore. «Oggi sfoggi un bel verde chiaro, come sempre», gli disse. C’erano un sacco di cose che la rendevano diversa da una ragazza nella norma. La sinestesia era una di esse. Era tutto iniziato quando la piccola Remi Ford aveva creato scalpore all’asilo per la richiesta di un pastello rosa con cui scrivere le sue “e”, perché tutti sapevano che le “e” erano rosa. C’era voluto qualche anno, ma alla fine i suoi genitori avevano ricevuto una risposta da uno specialista. Il cervello della loro bambina creava delle connessioni extra, legando i colori a cose come lettere, parole, persone. Ma ciò che lui trovava più affascinante era il fatto che potesse vedere la musica. Un tempo, prima che le cose si complicassero, era solito interrogarla sui colori che associava alle canzoni. «Lavori ancora al museo?», chiese Mira. «A dire il vero, adesso dipingo a tempo pieno», disse. Quella era una novità. Lo sorprendeva che i suoi genitori non ne avessero parlato. Brick gettò uno sguardo al suo carrello e notò tre scatole di cereali con marshmallow, caffè, mini confezioni di latte e un sacchetto di merendine al miele. Non si vedeva neanche una proteina o un ortaggio. Quella donna aveva la fame nervosa. «Case o quadri?», la prese in giro Bill. «Principalmente solo quadri», rispose lei, facendogli l’occhiolino. «Ma per te dipingerei una casa, Bill». L’uomo divenne di una tonalità di rosso che Brick non aveva mai visto. Tale era il potere del fascino di Remi. Si infilò una ciocca ribelle dietro l’orecchio, una vecchia abitudine nervosa, e fu allora che lui intravide un bendaggio arancione chiaro tra il pollice e l’indice. Aveva il braccio destro ingessato. Gli si strinse lo stomaco, e gli vorticarono delle domande nella mente. Non erano affari suoi. E sapeva cosa sarebbe successo se si fosse permesso di farsi prendere dalla curiosità. Remi Ford non era più un suo problema. «Frequenti qualcuno?», chiese Mira. «Hai portato un fidanzato per San Valentino?». Brick serrò la mascella. «Scusatemi», disse, stringendo la maniglia del suo carrello. «Devo proprio andare. Bentornata a casa, Remi». «Grazie. È stato bello vederti, Brick», rispose lei con un lieve sorriso triste. Le rivolse un brusco cenno del capo. Con uno sforzo eroico, raggiunse la cassa camminando e non correndo, lasciandosi alle spalle lei, il resto dei prodotti sulla sua lista della spesa e le sue domande senza risposta.