Sinossi
Quattro nomi su una lista.
Quattro vittime sconosciute.
Una confessione non del tutto convincente.
Il sergente Maxime Monceau, specialista in linguaggio non verbale, viene incaricato di indagare su un mistero che ha messo l'unità investigativa della polizia in un vicolo cieco. Uno strano uomo si è consegnato alla centrale, accusandosi di omicidio.
Il tempo scorre e, senza prove o vittime, questo sospettato potrebbe essere liberato e continuare con la sua follia omicida.
Sembra esserci solo una cosa certa: una lista.
RECENSIONE
Chi ha già avuto occasione di leggere le mie recensioni, sa che amo particolarmente analizzare oltre la superficie, per scavare nella trama e soprattutto nella personalità dei vari personaggi, in modo da cogliere il più possibile, tutte le sfumature che l'autore ha voluto trasmettere, attraverso la trama del suo romanzo, la costruzione della personalità dei suoi protagonisti, utilizzando molto spesso, un particolare tipo di scrittura, in base allo stile personale, ma che può adattarsi alla storia, diventando di volta in volta, più o meno asciutta e grintosa, oppure al contrario, più accorata ed accogliente.
Da parte di ogni autore, c'è sempre un grande impegno, nel dare vita non solo a storie coinvolgenti, ma anche a protagonisti particolari, originali ed unici, in grado di lasciare il segno, catturare l'interesse e conquistare chi si perde tra le righe delle loro opere, che hanno il merito di stimolare la fantasia, farci sognare, catapultandoci in una realtà che cambia di volta in volta, sempre diversa, ma altrettanto appassionante.
Qui in "The List", ho trovato pane per i miei denti. Ho avuto modo di divertirmi moltissimo, lasciandomi coinvolgere, senza possibilità di sottrarmi, da una trama assolutamente complessa e macchinosa, degna dei migliori thriller. Il merito va anche all'incredibile protagonista che, totalmente e completamente al di fuori di ogni schema, ha solleticato in mille modi diversi il mio bisogno di guardare dietro all'apparenza, per cogliere ciò che abilmente viene celato. Sì, perché Maxime Monceau dall'inizio alla fine, si presenta come un rebus, un enigma estremamente complesso, di totale, assoluta, inafferrabile e complicata soluzione.
Per questo motivo, mi sento di dire che questo thriller si sviluppa spalmandosi su più strati. Si amplia, si contorce e si rincorre attraverso piani diversi, altrettanto contorti e cavillosi, che hanno il merito di diversificare la storia, spingendola all'estremo, fino a separarla in due parti distinte, che a tratti si uniscono, per poi di nuovo separarsi, distaccarsi e ancora riaffiorare, in un balletto che costringe il lettore a spostare l'attenzione di volta in volta, verso i due lembi che reggono il filo conduttore del romanzo. Quello di base, vede i poliziotti impegnati a risolvere il caso, per trovare il colpevole, mentre il secondo, del tutto inaspettato, riesce a catturare l'attenzione di chi legge che, inevitabilmente, non può fare altro se non rimanerne sopraffatto.
Sto parlando della stranezza inclassificabile del protagonista, che racchiudendo essa stessa un enorme punto interrogativo, alimenta la curiosità ed affascina il lettore che, per forza di cose, non può sottrarsi dal volerne capire sempre di più, per poter svelare quell'enigma pieno di contradizioni, chiamato Maxime. Il romanzo quindi, suddividendosi in questo modo, costringe a seguire simultaneamente, gli sviluppi del caso, pur rimando agganciato alla storia personale di Maxime che, abilmente e senza difficoltà, sa far affiorare mille dubbi, sospetti, intuizioni, interrogativi che non trovano risposta, se non in dirittura d'arrivo, come nella più classica delle ipotesi.
E' il primo romanzo che leggo di Florian Dennisson e sono rimasta affascinata dalla scrittura, così poeticamente descrittiva, ma altrettanto diretta, incisiva e trascinante, esattamente com'è giusto che sia, considerando il genere specifico. Per quanto sia un thriller, mi ha conquistata la poesia del paesaggio e l'accento sul sottile candore che con sorpresa, colora e stinge, sfumando i tratti caratteriali di Maxime, uomo dalle mille sfaccettature e dalle molteplici difficoltà. Perennemente in bilico sul ciglio del baratro e continuamente in balia delle crisi di panico, che però all'ultimo, per fortuna, riesce sempre a controllare. Per farlo, usa la respirazione e la produzione di immagini mentali rassicuranti, oppure risolve il cubo di Rubik, che rappresenta per Maxime l'unica possibilità di silenziare la mente con i suoi tanti incubi.
La verità è che il protagonista, è un rompicapo egli stesso, racchiuso all'interno di un romanzo poliziesco che di per sé, per ovvie ragioni essendo un thriller, ruota attorno ad un caso giudiziario da risolvere. Ma è Maxime in molte occasioni, a rubare la scena, diventando il vero e più interessante mistero da svelare.
Vorrei ancora parlarvi di lui perché c'è ancora tantissimo da dire. Ma non lo faccio! Non voglio privarvi del piacere della scoperta. Da una parte però, credetemi, muoio dalla voglia di farlo, perché Maxime è veramente un personaggio entusiasmante! Mi piacerebbe lasciarmi andare e vuotare il sacco, per potervi spiegare fin dove arriva la sua estrema ed interessante originalità. Le sue innumerevoli stranezze, le sue tante caratteristiche opposte ed inverse, che lo rendono tutto il contrario di tutto… Ma se lo facessi, commetterei un grosso errore. Mi sentirei di avervi svelato una parte importante del thriller che, in quanto tale, deve incuriosire e tenere con il fiato in sospeso fino all'ultimo.
Ed è così che deve essere. Terrò per me tutto, perchè il sergente Maxime Monceau, è una pedina fondamentale in questo mistero da risolvere. In questa indagine che sembra non arrivare mai alla conclusione, dove ogni pista finisce per imboccare i soliti vicoli ciechi, mentre i tanti sforzi, dei numerosi gendarmi impegnati nelle ricerche, sembrano non portare mai nulla. Tutto ciò che pensano, le conclusioni alle quali arrivano, ogni cosa supposta e verificata, frutto dell'unione di più menti addestrate all'investigazione, in una squadra formata da uomini e donne, pieni di ambizione e determinazione, viene vanificata. Alla fine, scontrandosi con la realtà dei fatti e sotto i molteplici tiri incrociati, sferrati dai continui colpi di scena, ecco che ogni supposizione, conclusione e certezza, si sgretola, si ribalta e si risolve in un nulla di fatto.
L'autore Florian Dennisson, racconta la vicenda, ponendosi al di fuori. E' l'osservatore che riporta fedelmente ciò che vede. Il freddo della cella, lo sgomento e la follia del probabile colpevole, l'ansia, la mancanza di respiro di Maxime, la bellezza dei luoghi, le varie peculiarità dei personaggi, anche quelli secondari, mettendo in rilievo ogni sfumatura della loro caratterizzazione, all'interno della parte che spetta ad ognuno, in questa curatissima rappresentazione.
Il romanzo è ambientato in Francia, precisamente ad Annecy un luogo che personalmente conosco, dal caratteristico borgo medioevale e dal grande lago, preso d'assalto in estate dai numerosi amanti degli sport acquatici. Come ho accennato in precedenza, il paesaggio nella storia è molto presente e lo si trova finemente descritto in molte parti. Sono squarci, vedute, panorami, affacci dalle finestre, scorci caratteristici, tutte parentesi che donano vero piacere, perché oltre a fare da cornice alla realtà descritta nel libro, in una trama a volte dura, angosciante e ricca di interrogativi, sanno aggiungere quel mix di bellezza ed autenticità, consentendo a chi legge di calarsi all'interno dei fatti e delle circostanze, guardando il mondo attraverso gli occhi dell'autore e dei vari protagonisti presenti alla scena.
Personalmente oltre al protagonista, ho adorato il maresciallo Boris Pavlowsky. Il marziale, rigido, energico, indisponente ed autoritario superiore di Maxime, in continua lotta per conquistare la supremazia e definire il proprio ruolo di indiscusso capo delle operazioni. Anche se la gerarchia è stabilita dai gradi, in maniera diversa ma costante, tra loro c'è un continuo contendersi il ruolo. Tra i due si ingaggia questo testa a testa, soprattutto a causa della diversità dei metodi utilizzati. Boris mette in campo i soliti sistemi, quelli standard insegnati in accademia, mentre Maxime, forte della sua qualifica di esperto sinergologo, preferisce usare negli interrogatori e nelle indagini, l'analisi del linguaggio non verbale, che rappresenta il 90% della comunicazione che l'essere umano utilizza, per interfacciarsi con i propri simili. Il sergente ammorbidisce i toni per accattivarsi il sottoposto, mentre Maxime studia indisturbato, ogni sfumatura dei gesti e dei movimenti del superiore e, attraverso i messaggi non verbali, mette in atto abili contromosse, dando vita ad un pressante gioco d'astuzia che personalmente, ho trovato veramente molto divertente.
Dai ringraziamenti scritti dall'autore, al termine della lettura, ho potuto avere la conferma della sottile ironia, che ho colto qua e là, tra le diverse pagine. Riporto qui di seguito un estratto dei ringraziamenti che mi ha smosso una risata. Riprende un classico dei romanzi e dei molti film di spionaggio, quelli più conosciuti e popolari. Si riferisce a cosa dobbiamo fare, una volta finito di leggere, ovvero lasciare un commento come valutazione al libro: "Questa è la vostra missione, spero che la accetterete e non preoccupatevi, il messaggio non si autodistruggerà in cinque secondi!". Ovviamente lascerò la mia valutazione, con la speranza sia veramente così come dice!
Cristina Pisano
Ringraziamo la CE per la copia ARC