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Recensione: Ostaggio dei pirati di Stefania de Prai Sidoretti

Titolo: Ostaggio dei pirati 
Autore: Stefania de Prai Sidoretti
Editore: Self publishing 
Genere: Historical romance avventuroso
COVER: Pepper Graphics
EDITING: Amori al Peperoncino
Disponibile su Amazon e con Kindle Unlimited

Trama 

"Figlia illegittima di un libertino.
Orfana nei bassifondi di Londra.
Nella mia soffitta sogno tesori e avventure, senza sapere che presto finirò per mare, travestita da uomo.
Per fortuna con me c'è Jack..."

"Sono nato da una prostituta.
Non speravo in una vita migliore, ma poi ho incontrato lei.
Mi ha stregato con la sua treccia color oro rosso.
Sono pronto a difenderla da ogni pericolo.
Persino dai pirati."

Un amore puro, capace di sfidare soprusi e naufragi.
Una passione pronta a divampare su un'isola deserta, tra fantasmi e grotte colme di meraviglie.
Una fuga dalla miseria in cerca della vera ricchezza: quella del cuore.

L'autrice:
Stefania De Prai Sidoretti nasce a Roma.

 Travolta dagli occhi chiari di un giovane biondo, va a vivere con lui sulle pendici boscose di un monte da cui si vede il lago di Bracciano.

Qui costruiscono la casa dei loro sogni, davanti a una quercia plurisecolare.

Ha due figli, una femmina e un maschio, che vivono un’infanzia sfrenata tra la natura, circondati da cani, gatti e galline.

Si laurea in Storia dell’Arte Medievale e Moderna; è stata Curatore Storico dell’Arte presso la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma e responsabile di un Archivio fotografico.

RECENSIONE 

Gli eroi di questo avventuroso romanzo sono due ragazzi dalle dubbie origini destinati a una vita ai margini della società, essendo sprovvisti di protezione e appannaggi di qualsiasi tipo. Orfani entrambi, sono rimasti al mondo alla mercé di signore apparentemente rispettabili, in realtà spregevoli, che hanno ribattezzato rispettivamente la Zitella e la Balena. Donne ipocrite e senza cuore che fingono di occuparsi di loro. 

Sono Jack e Thomasina stessi a narrarci le loro vicende in un canto a due voci che si alternano, dai rispettivi punti di vista che, essendo complementari, si completano a vicenda.

Jack: 

Non ricordavo d’aver sofferto così alla morte della mamma. Ma allora ero piccolo e la faccenda era sembrata un gran brutto sogno. Pensavo solo a giocare con la mia trottola di legno, la prima cosa che all’ospizio di carità mi rubarono i ragazzi più grandi. Ora tutto era terribilmente reale. Altro che sogni di pirati, battaglie, bottino e tesori! Altro che fortuna, fama e gloria! Tutta la baldanza di un tempo era svanita. Eravamo solo degli adolescenti: orfani, miserabili e spaventati dal domani. Quella era la triste realtà.

Per caso si incontrano in chiesa e scoprono di frequentare gli stessi abbaini sui tetti di Londra.  

 Non sono però due ragazzi presi a caso dall'immaginazione dell'autrice, Stefania De Prai Sidoretti. 

Se la loro età può suscitare sentimenti di tenerezza, presto le vicissitudini alle quali sono sottoposti, mentre li costringeranno a crescere in fretta, indurranno il lettore a guardarli con ben altro riguardo.

Stefania De Prai descrive molto bene con dovizia e accuratezza le peripezie per mare, prima ospiti rassegnati di una ciurma sgangherata sulla Allegra Ragazza e poi come dice il titolo, Ostaggio dei pirati. 

Thomasina deve diventare Tommy se vuole sopravvivere. 

La libertà era bella a pancia piena. Quando ti ritrovavi dentro come una morsa, l’avventura perdeva molto del suo fascino. Avevo solo Jack, piedi freddi e abiti sporchi. E maschili per giunta. Infatti, per non essere riconosciuti, nel timore di eventuali ricerche da parte delle bigotte che s’erano viste sfuggire dalle grinfie i recalcitranti reprobi, Jack mi aveva fatto indossare un suo paio di pantaloni.

Per fortuna tra brutti ceffi e individui sordidi Jack e Tommy fanno anche qualche incontro meno cruento: a bordo vengono subito attirati dal fascino misterioso di cui è ammantato Charles, detto il Carpentiere o Segaossa, o Cerusico, a seconda dell'occorrenza.   

E poi ad accompagnarli c'è l'inseparabile Devoto, un Merlo nero con trascorsi e gergo pirateschi. 

La ricerca storica che precede e sostiene questo romanzo è ammirevole. La stessa autrice ce ne parla spiegando di essersi ispirata a due quadri di Hogart.

L’idea delle avventure di Jack e Thomasina mi venne mentre mi informavo storicamente per un altro romanzo ambientato in epoca georgiana. Tra i documenti che visionai vi erano anche le opere di William Hogarth (Londra 1697-1789). L’artista inglese dipinse le sue opere ispirandosi ai fatti pittoreschi della vita londinese del tempo, con un occhio attento, ironico e pieno di satira sociale. In particolare realizzò i quadri, e le relative incisioni destinate alla stampa, tra il 1731- 1732, della Carriera di una prostituta (A Harlot's Progress) nei quali narrava la storia di una giovane donna, M. (Moll o Mary) Hackabout, trasferitasi a Londra dalla campagna e divenuta una cortigiana. La serie era composta da sei scene: l’arrivo a Londra, il litigio, l’arresto, la prigione, la morte e il funerale. Visto il successo, tra il 1733-1735, l’artista dipinse la Carriera del libertino (The Rake’s Progress) dove descriveva l’ascesa, il declino e la caduta di Thomas Rakewell, figlio ed erede di un ricco usuraio, in otto scene: l’eredità, la levée, la taverna, l’arresto, il matrimonio, la bisca, la prigione per debiti e il manicomio. In alcuni dipinti della Carriera della prostituta (la morte e il funerale) notai che compariva un bambino, figlio della donna, mentre nella Carriera del libertino (il matrimonio e la prigione) appariva la figlia illegittima.

Questo mi fece pensare: e se i due crescendo si fossero conosciuti, che sarebbe successo? Quale avrebbe potuto essere la loro storia di riscatto? E se...

In merito al padre del mio Jack, è stato effettivamente un personaggio esistito. John “Jack” Sheppard (1702-1724) fu un famoso ladro gentiluomo di Londra, già apprendista fabbro, famoso per le audaci e rocambolesche fughe dalle carceri cittadine di St. Giles, St. Ann a Soho, Clerkanwell e Newgate. Finì impiccato il 15 novembre 1724 a soli 22 anni. I cittadini, al funerale, gli fecero ala come per un eroe. Daniel Defoe, l’autore del Robinson Crusoe, scrisse la sua storia, La vita di John Sheppard, nel 1724, proprio all’indomani della sua esecuzione.

Difatti, l’influenza di Defoe è molto sentita, sia nella trama rocambolesca che nelle ambientazioni oltre che per la citazione diretta ed esplicita.

La storia ambientata nella Londra del 1740 non si ferma al suolo cittadino di soffitte inospitali e quartieri dei bassifondi, ma si inoltra verso il porto dove solcando il mare aperto l’avventura che riguarda la nostra coppia conoscerà il suo apice.

Come in un romanzo d'avventura che si rispetti, su cui aleggiano storie leggendarie, le pagine scorreranno veloci tra travestimenti, rapimenti, sotterfugi, violenze, arrembaggi, naufragi e anche fantasmi. Non mancheranno i colpi di scena. 

Il finale non lo anticipo ma è oltremodo degno di cotante peripezie. Vi lascio solo l'epigrafe dell'ultimo capitolo:

Nel quale la storia dei nostri eroi si conclude molto degnamente e dove si fanno considerazioni su quali siano i veri tesori.

Bellissima la scrittura, una prosa ricca, aderente all’epoca, forbita ma affatto pesante, e soprattutto competente, dal gergo piratesco ai tecnicismi marinareschi. Adoro lo stile settecentesco mutuato di premettere una breve epigrafe ai capitoli. 

Romina







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